lunedì 4 novembre 2019

Recensione: L'Estate di Sunny, di Jennifer e Matthew Holm

Anche se ho letto sia il primo che il secondo volume la recensione è totalmente spoiler free!

Titolo: L'estate di Sunny
Autore: Jennifer L. Holm and Matthew Holm
Pagine: 224
Prezzo: 15, 50 €
Casa Editrice: Il Castoro

Trama:
Per Sunny questa sarà un'estate diversa: in Florida, con il nonno. Sunny ha grandi piani, dopotutto la Florida è la casa di Disney World! Ma il posto dove vive il nonno non è un proprio un luna park. Anzi, è pieno di persone vecchie. Davvero vecchie! Per fortuna c'è anche Buzz, un ragazzino totalmente ossessionato dai fumetti con cui Sunny vive mille avventure tra alligatori che mangiano palline da golf, gatti fuggiaschi e misteriose sparizioni di vicini. Ma il mistero più grande rimane... perché Sunny si trova in Florida? La risposta è nascosta in un segreto di famiglia che non rimarrà segreto tanto a lungo... 
Voto: 4/5

Quando ho recuperato due anni fa a Bologna il primo volume in inglese di questa graphic novel non gli avevo dato troppo peso. Sembrava carina ma poi l'ho persa di vista nelle librerie e non l'ho ritrovata finché quest'anno a Bologna sono riuscita a recuperare il secondo volume e mi sono imposta di leggerle entro la fine dell'anno. 

Avendola iniziata senza quasi leggere la trama non sapevo veramente cosa aspettarmi e devo confessare che mi ha molto sorpresa. 

Parliamo un attimo dei disegni, che sono opera di Matthew Holm. Non solo Sunny risulta immediatamente simpatica, ma ogni personaggio ti comunica immediatamente qualcosa appena lo vedi apparire sulla pagina. Lo so che sembra ovvio da dire, ma in realtà a me con alcune (poche) graphic novel che ho letto i personaggi risultavano piatti... che è anche il motivo per cui ne ho letti pochi. Non sono i disegni più elaborati che abbiate mai visto, ma Holm ha uno stile molto distinto e adatto al pubblico a cui il fumetto è rivolto. 

Poi io non lo sapevo ma ero sinceramente convinta che Jennifer e Matthew Holm fossero marito e moglie, e invece no! Sono fratello e sorella, artista e autrice rispettivamente. In più si sono ispirati proprio ad una vicenda della loro infanzia nello scrivere Sunny side up e i tre seguiti, cosa che mi ha fatto molto riflettere perché ovviamente c'è tutta una consapevolezza in più nel parlare di Sunny e di quello che le succede.

Infine non voglio spoilerarvi il tema, ma posso dirvi che per me è stato sia inaspettato che trattato molto bene seppur con leggerezza dato il target a cui gli autori si rivolgono.
Il primo volume, che in italiano è "L'estate di Sunny" è stato pubblicato questa estate da Il Castoro, se vi capita di trovarlo in libreria sfogliatelo e magari dategli una possibilità!

giovedì 24 ottobre 2019

The Politician | Netflix

Qualche settimana fa ho visto, tutto d'un fiato, The Politician su Netflix. È un po' che ho nelle bozze la recensione in cui ve ne parlo quindi vediamola!


La prima cosa che mi viene da dire se penso a ciò che ho appena visto è che The Politician è un po' strano. La seconda è che di solito io non vi parlo granché di serie tv, nonostante io ne guardi molte.
Forse perché non sono tanto capace di parlarvi di serie tv in maniera costruttiva ma sicuramente mi piacciono molto e qualcosa nel corso di tutti questi anni di visione l'avrò pure imparata.


The Politician è la storia di un egomaniaco, che però a tratti sembra una persona gentile e invece in altri momenti sembra un sociopatico. Salta alla mente la scena in cui gli viene chiesto se ha pianto perché il finale del film era triste o perché tutti piangono alla fine di quel film e lui risponde "Cosa importa?". Allo stesso tempo però la serie riesce a risultare divertente, triste, fuori di testa e incredibile, tutto nel giro di 40 minuti. Questo credo sia merito di Ryan Murphy, che aveva operato la stessa magia in Glee. Si ringrazia Murphy anche per le scene esteticamente bellissime e simmetriche, che tutti quelli con un po' di OCD apprezzeranno.

Non solo, ma riesce anche ad essere un momento comico, o tragicomico per meglio dire. Tutti i personaggi hanno i loro problemi e sicuramente le situazioni sono drammatizzate fino al ridicolo.


Ora però vorrei parlarvi un pochino del cast. Sono sicura che tutti conoscete già Gwyneth Paltrow, ma anche Jessica Lange o Zoey Deutch. Il mio preferito è però proprio Payton, il protagonista, che è interpretato da Ben Platt. Ben Platt non solo è un bravo attore (lo avevamo visto, poco, in Pitch Perfect e per chi è riuscito ad andare a Broadway in Dear Evan Hansen, ma qui si conferma veramente impressionante in un ruolo che deve essere stato sia divertente da interpretare ma allo stesso tempo complesso) ma è anche un cantante. È la voce straordinaria di Evan ma è anche un artista che, proprio a marzo di quest'anno, ha rilasciato il suo primo album. Andatelo ad ascoltare e non ve ne pentirete. Ryan Murphy di questo è più che consapevole e infatti Payton ci regala qualche canzone all'interno degli 8 episodi che saranno disponibili nei prossimi giorni su tutte le piattaforme.


Che dire, se non che attendo la prossima stagione? Il finale sicuramente è interessante e ho letto che proprio in queste settimane si dovrebbe iniziare a parlare del seguito.

E voi, l'avete vista?

venerdì 4 ottobre 2019

Intervista a Jay Kristoff! | 28 Settembre


Ciao a tutti! Se mi seguite su instagram lo sapete già: insieme ad altri blogger sabato ho avuto la grande opportunità di intervistare Jay Kristoff a Milano! Sicuramente avete già sentito parlare della trilogia di Nevernight, ma magari in questa intervista scoprirete qualche curiosità di cui non avevate idea... cominciamo?



“Partendo dall’inizio, come è nato l’idea del mondo di Nevernight e come si è sviluppata nei tre volumi?”
Ero fuori con gli amici alla vigilia di Capodanno e due mie amiche hanno iniziato a discutere su una parolaccia, la C-bomb (cunt, cioè i genitali femminili), in particolare su se fosse offensiva o meno. Io ne sono rimasto fuori ma l'ho trovato molto interessante, ho trovato interessanti i loro punti di vista. Mi è rimasto impresso nella memoria e quando sono andato via, qualche giorno dopo, ho scritto una scena che poi è la scena alla fine del capitolo 5 di Nevernight in cui Mia e Tric hanno la stessa discussione. E alla fine di quella conversazione non sapevo veramente chi fosse Mia e quindi ho scritto un libro intero per scoprirlo. Parlando invece dell'ambientazione io sono un grande nerd per la storia dell'antica Roma e in particolare della dinastia Giulia. Di conseguenza era un'era di cui non avevo ancora parlato ma di cui sapevo tanto e potevo usare tanti dettagli storici che conoscevo e metterli nel setting. Ho iniziato a pensare a Giulio Cesare, un famoso generale che si è ribellato, e lui ebbe successo nella sua ribellione e il personaggio di Mia è stato quasi un esperimento basato su cosa sarebbe successo alla famiglia di Giulio Cesare se la sua ribellione non fosse stata un successo. Lui aveva una moglie e una figlia e mi sono chiesto cosa sarebbe successo loro.

“Perché hai voluto iniziare la serie di Nevernight comunicando subito ai lettori la morte della protagonista facendo così un spoiler sul finale?”

Perché sono... cattivo? Penso di aver voluto dare da subito l'idea che lei fosse una figura leggendaria e che persone che conducono una vita così violenta alla fine muoiono in maniera violenta. Volevo creare nel lettore l'idea che il viaggio che stava affrontando aveva una fine definita, che il personaggio di cui il lettore in teoria si sarebbe dovuto innamorare sarebbe morto, creando un senso di anticipazione e di paura su come sarebbe successo. Era un modo per rendervi emozionati per la storia, per farvi capire che nessuno nella storia era salvo, che se la protagonista può morire tutti possono morire. E io, perché mi piaccia un libro, devo di solito essere spaventato per il personaggio, devo essere un po' spaventato all'idea di girare la pagina perché non so se voglio sapere cosa accadrà. Era un modo per dare un senso di anticipazione, paura e emozione nel lettore... e perché sono cattivo.


“Quando hai finito di scrivere la trilogia cosa hai provato, ma soprattutto avevi idea del grande successo che avrebbe avuto?”
Mi sono sentito triste quando l'ho finita. Credo che questa sia la terza trilogia che ho finito e non sono mai triste, sono sempre emozionato per il prossimo progetto che devo cominciare. Sono emozionato ora per la nuova serie su cui sto lavorando, ma penso che ci sia più me in questa serie e in questi personaggi che in altre cose che ho scritto, e quindi quando l'ho finito mi sono sentito come se stessi dicendo addio ad una parte di me stesso. Ma allo stesso tempo ero consapevole che Mia, come personaggio, significa molto per molti lettori e mi sono anche sentito triste per loro. Nell'ultimo capitolo, il Dicta Ultima, in cui lo scrittore sta parlando al lettore del viaggio a cui ha preso parte, c'è molto di me nei sentimenti di cui sta parlando il narratore. Non è solo il narratore a dire addio, ma ero io a dire addio alla serie. Ricordo di essere stato particolarmente triste quel giorno e io di solito non mi intristisco quando scrivo, ma avevo gli occhi lucidi mentre scrivevo le ultime pagine. Immagino che sia come un genitore si sente quando manda i figli al college, devi dirgli addio in modo che possano entrare a far parte del mondo. Ero contento del libro e del modo in cui la serie è finita, ma ero triste nel dirgli addio. Che per me è inusuale, sono piuttosto freddo di solito.
Non sapevo che sarebbe stato così di successo, no. Quando l'ho pubblicato in America il mio editore non ha speso così tanto nel marketing della serie, mentre in Italia ha avuto un lancio pazzesco, con molti investimento. Il libro è cresciuto nel corso di due o tre anni, grazie ai blogger, a instagram e agli youtuber. È diventato quello che è diventato grazie al passaparola; più di ogni altra serie a cui ho lavorato il successo di questa serie è dovuto ai lettori, alle persone che sono andati dai loro amici e glielo hanno consigliato, alle persone che hanno fatto post su instagram e anche a coloro che sono andati a consigliarlo agli estranei per la strada. Sono in debito con tutti voi e con tutte le persone nel mondo che hanno contribuito a renderlo un successo quindi grazie mille.

“Sapevi già come si sarebbe conclusa la storia di Mia dalla prima stesura del primo libro?”
No. Ci sono due tipi di scrittori al mondo, si chiamano plotters (plot -  trama) e pantsers (fly by the seat of your pants - un modo di dire che fa riferimento a fare qualcosa senza un piano), oppure architetti e giardinieri. I plotter progettano tutto meticolosamente prima di mettersi a scrivere e invece in pantsers vanno dove li porta l'ispirazione. Io sono decisamente uno della seconda categoria. L'analogia che uso di solito è questa: sono in macchina e sto guidando verso la città, vedo la città in lontananza ma non so ancora che strada devo fare per arrivarci. Sapevo che Mia sarebbe morta perché lo avevo scritto all'inizio ma non sapevo bene come e non sapevo chi sarebbe stato il narratore. C'erano tre possibilità e il narratore che avevo pensato all'inizio in realtà è finito a non essere il narratore ma ad essere qualcun altro. Quando le cose sorprendono me in quanto autore ci sono più possibilità che sorprendano anche il lettore. Questa è la parte eccitante del creare qualcosa per me, non sapere bene come le cose andranno a finire. Avevo una vaga idea di come sarebbe finita ma non era molto chiara. Ho scritto tre finali differenti e quello che ho finito per usare è stato decisamente quello meno impressionante. Il terzo che ho scritto era veramente veramente oscuro, dark, e molto triste e nessuno di voi avrebbe mai voluto leggerlo. 
Trovo la storia mentre la racconto, viaggio nel buio diciamo.

“Qual è stato il momento più difficile da scrivere nell’intera trilogia?”
Le scene di sesso. Il che è molto strano, perché mia mamma legge tutti i miei libri e mia moglie è il mio principale critico. Ho cinque persone a cui mando tutti i miei scritti prima di mandarli al mio editor e mi mandano delle note su cosa funziona e cosa no. Mia moglie è la prima a cui mando tutto, per cui mandare delle scene di sesso a tua moglie è strano e non l'avevo mai fatto prima. Non sapevo bene cosa stessi facendo e quando l'ho deciso ho chiesto a mia moglie, che legge tanti romance e tanta letteratura erotica insieme a delle amiche, di mandarmi il Best of di quello che leggono. Poi ho passato praticamente tre giorni seduto in casa mia a leggere pornografia ed è stato veramente strano. 
L'idea che i tuoi amici, tua mamma e tua moglie leggano le tue scene di sesso è strana.

“Luce e Oscurità, due realtà contrapposte che in Nevernight assumono sfumature nuove e particolari. Da dove è nata l’idea di questa battaglia ideologica?”
Immagino che sia un topos fantasy abbastanza classico che la luce venga considerata buona e il buio cattivo e immagino di aver voluto sovvertire questo ordine. Volevo dare a Mia il potere di manipolare le ombre perché mi sembrava che le si addicesse come personaggio, come assassina. Volevo mettere però anche dei limiti a lei come personaggio, per cui lei ha tutti questi poteri ma il mondo in cui vive non ha ombre. Altrimenti sarebbe diventata una specie di Dea e a quel punto solo un altro Dio avrebbe potuto sconfiggerla. Poi probabilmente volevo esaminare l'idea che anche se la luce è associata col bene, in ogni sistema in cui è fuori controllo, è sbilanciata questo porta a troppo controllo dalla parte della luce. Quando le persone che sono in controllo pensano di star sicuramente facendo la cosa giusta è probabile che invece non sia così, che la luce poteva essere corrotta. Volevo mostrare che la vita non è bianca e nera, ci sono delle sfumature di grigio. E che anche le persone sono sfumature, che le cose sono più complicate di come sembrano all'inizio.

“È davvero giusto associare le ombre alle paure che ci portiamo dentro? O, come ci insegna Mia, sono piuttosto un’altra faccia della luce? Quella più densa, il risultato di ferite, dolori, solitudini?”
Nel libro si dice che non esistono ombre senza la luce, e più intensa la luce più sarà oscura sarà l'ombra. Di solito la paura viene associata a qualcosa di negativo che ci ferma, che ci impedisce le cose che vogliamo fare. Ogni tipo di sentimento, che sia la paura, la rabbia o la tristezza, se ce n'è troppo allora ci saranno dei problemi, ma un po' di paura può darci la motivazione giusta per andare avanti. Io sono una persona che si arrabbia molto, ma tendo a focalizzare questa rabbia nella mia creatività, a sfruttare questa mia rabbia per scrivere. All'inizio Mia non ha paura, perché le viene sottratta, ma nel corso del libro capisce che la paura è utile nella vita, che fa parte della vita. Quando amiamo una persona abbiamo paura che scompaia, che se ne vada, quindi fa decisamente parte delle nostre emozioni. Essere vivi significa anche avere un po' paura, l'importante è non lasciarci sopraffare da questa paura.    

“A chi ti sei ispirato per creare il personaggio di Mia e cosa c’è di tuo in lei?”
n realtà non c'è una vera e propria persona, nel mondo reale, alla quale mi ispiro, anche perché quando un autore inizia a descrivere gli amici nei suoi romanzi queste amicizie sono destinate a rompersi, perché in particolare nei miei libri succedono delle cose terribili ai personaggi.
Mia è una combinazione di varie persone importanti nella mia vita: mia madre, mia sorella, mia moglie e alcune amiche. Non sono delle assassine, ma c'è molto di loro in Mia.
C'è anche molto di me in Mia, in particolare direi che è la mia versione teenager femminile. C'è molto di me in come Mia si vede all'interno del mondo, le cose che sono importanti per lei, i suoi problemi, le difficoltà che si trova ad affrontare. Lei è una dura all'esterno, ma dentro ha un lato più umano, più soft, farebbe qualsiasi cosa per le persone che ama, ed io sono proprio come lei nella mia vita. Sembro un po' burbero, ma in realtà sono un orsacchiotto. Mi rivedo anche nel personaggio di Aidan della serie di Illuminae

“Ci hai mostrato in ogni volume una Mia diversa, ma secondo te quale tra i tre volti è quello che le si addice di più?”
Questa è una buona domanda, anche se difficile! Non so se ci sia un vero volto di Mia, un suo vero volto. Sicuramente è diventata una persona migliore alla fine del terzo volume. Ha una migliore comprensione di chi è come persona e di cosa sia l'amore, perché in effetti nel primo libro c'è sì l'esperienza con Tric, ma non so se lei alla fine fosse davvero innamorata di lui. Nel primo libro Mia è concentrata sul suo obiettivo, non sa quale sarà l'impatto delle sue scelte, ma sa che ha una montagna da scalare e non le importa cosa succederà dopo, sa solo che dovrà raggiungere il suo obiettivo. Nel libro tre invece ha una visione più ampia della vita e del suo essere nel mondo; è una persona più equilibrata e sana nel terzo libro rispetto al primo uno, ma non so se quello sia effettivamente il volto giusto di Mia. In ogni libro Mia deve possedere quel determinato volto e diciamo che la cosa che apprezzo di Mia è che non è mai scesa a compromessi, dal primo libro è sempre stata motivata dalla vendetta, dalla rabbia, dall'ingiustizia subita e continua ad esserlo fino alla fine.

“Messer Cortese è uno dei personaggi che mi ha colpita di più, a parte Mia, ovviamente. Ti sei ispirato ad una persona o animale particolare? E perché hai scelto di dargli proprio la forma di un gatto?”
La mia fonte d'ispirazione è stata Emily the Strange. Non so se la conoscete, una ragazzina sempre associata ad un gatto. È un personaggio che ho visivamente associato a Mia: non ho mai letto Emily the Strange, ma ho sempre visto le immagini anche sulle magliette dei miei amici o sugli zaini e quindi ho associato la figura del gatto-ombra al personaggio di Messer Cortese. Volevo creare questo legame con la figura del gatto, nonostante io non sia un fan vero e proprio dei gatti, preferisco i cani, però mia moglie preferisce i gatti. Ho cercato di pensare a come renderlo un personaggio importante per Mia e quindi gli ho dato l'abilità di portare via la sua paura. È un personaggio fondamentale per Mia, una sorta di coscienza, come il grillo parlante di Pinocchio, perché spesso Mia non ha paura delle conseguenze delle proprie azioni. Quindi Messer Cortese è lì per ricordarle di stare attenta, di non fare delle sciocchezze.
Però visualmente l'ispirazione è stata Emily the Strange, perché visivamente era molto interessante.

“Se tu fossi un tenebris, che forma e caratteristiche avrebbe il tuo passeggero? E tra le abilità utilizzate dai vari personaggi tenebris, qual è quella che vorresti padroneggiare?”
Io ho un piccolo Jack Russell, piccolino. E lui è una delle mie cose preferite nel mondo. Si chiama Sam e quando lo porto a passeggio è molto buffo perché è proprio piccolo mentre io sono alto, perciò quando passeggiamo insieme siamo proprio buffi insieme. Tra i personaggi del libro sceglierei Messer Cortese, perché è molto più sensibile e sa consigliare Mia nel momento del bisogno. È più utile avere un personaggio che dice quando si sta facendo una stupidaggine. Eclissi, invece, è un po' come il cane (è basato sul mio cane), sempre entusiasta della vita, ed è quel tipo di personaggio che potrebbe dirti "Andiamo a rubare quella macchina della polizia!", invece Messer Cortese è più saggio e ti avviserebbe che potresti andare in prigione per questa cosa, quindi è sicuramente più sano avere accanto un personaggio così saggio. 


La mia foto con Jay e la mia domanda!
“Qual è il tuo personaggio preferito della serie, a parte Mia? E quale pensi che ti rappresenti di più, sempre oltre a Mia?” 
Il mio personaggio preferito è probabilmente Mercurio. E c'è molto di me in Mercurio. I due personaggi nella storia che hanno più di me, in loro, sono Mia e Mercurio. Mia è me da giovane e Mercurio è me da vecchio. C'è molto di me in lui e come dicevo nel terzo libro la linea inizia ad assottigliarsi tra me come autore e il narratore. Il modo in cui il libro rompe la quarta parete e il lettore è sempre più consapevole di stare leggendo una storia dentro una storia, in questo senso c'è molto di me nel libro e nel modo in cui Mercurio vede se stesso e la sua relazione con Mia. Ma anche nel suo comportamento in generale. Se volete sapere come sarò in vent'anni è Mercurio e se volete sapere com'ero da giovane è Mia. 



“In particolare nella trilogia di Nevernight, ma anche in altri tuoi libri, ti sei mai pentito di aver scritto qualcosa? Se potessi tornare indietro, cambieresti qualcosa nella storia? Come la Rowling che si è pentita di alcune morti”
No, penso di no. Tutte le morti che ci sono nei tre volume hanno un perché, una ragione, sia per motivi per legati alla trama in sé o perché la loro assenza è importante per Mia o per la storia. C'è un personaggio, Cassius, che muore nel primo libro, e molti lettori mi hanno chiesto il perché, visto che era un personaggio interessante e vogliono sapere di più su di lui, ma in realtà lui ha tre caratteristiche: è alto, che ha lunghi capelli scuri ed è misterioso. Se io svelo troppe cose su di lui non è più misterioso, rimane soltanto un tizio alto con i capelli lunghi. Forse non avrei dovuto ucciderlo, magari molti lettori avrebbero voluto che continuasse a vivere e vedere la sua relazione con Mia crescere però in realtà per me era un po' un ostacolo, perché lui aveva tutte le risposte che servivano a Mia, quindi ho dovuto eliminarlo per mandare avanti il libro. Non mi è dispiaciuto averlo ucciso, ma capisco anche i lettori. 


"L'ambientazione in un romanzo fantasy/scifi è molto importante e quella di Nevernight non fa eccezione. Quanto tempo ci è voluto e quali difficoltà hai incontrato per creare questa struttura così particolare?”
Siccome sono un autore che decide le cose mentre le scrive quando sono arrivato al terzo libro non avevo ancora finito di descrivere l'ambientazione. Sapevo che c'erano dei luoghi in cui la storia si sarebbe sviluppato, ma non avevo visitato nella mia mente tutta l'estensione dell'ambientazione.
È un processo che segue il flusso della scrittura, sia per la trama ma anche per l'ambientazione.
Per quanto riguarda invece la struttura politica e religiosa che regola il mondo è stato più facile perché sapevo che stavo traendo ispirazione dalla storia romana e alla sua repubblica, alla dinastia Giulia, quindi per quello avevo un'idea ben precisa.
Sono piuttosto invidioso di quegli scrittori che sin da subito hanno chiaro quello che andranno a scrivere, io non sono così intelligente, anzi a volte mi è persino capitato di cambiare strada: avevo intrapreso dei percorsi e poi alla fine cambiavo idea e mi toccava tornare indietro, dopo essermi reso conto di aver sbagliato e aver preso la strada sbagliata. Nel primo libro ho cancellato 80.000 parole, su 160.000, quindi ho scritto una metà di un altro libro che non ha mai visto la luce. Poi ho deciso di cancellarla perché non mi sembrava utile, ma non è stato un lavoro sprecato perché mi ha aiutato a informarmi sulla costruzione di questo mondo. A volte però quando decidi mentre scrivi finisci per scrivere cose che non ti servono.

"Hai creato la Chiesa Rossa, una scuola molto particolare, quindi come hai avuto l'idea delle prove, delle materie, della struttura della Chiesa. E c'è stato qualcuno che ha considerato disturbante una scuola che insegni a dei ragazzini come uccidere?"
L'idea della Chiesa Rossa è stata molto naturale, sicuramente in un'ambientazione in cui si parla di assassini c'era bisogno di un'istruzione che insegnasse come diventarlo. Ho cercato di immaginare le competenze che dovesse avere un assassino in ambito medievale, ad esempio uccidere velocemente, le abilità con armi, ecc... 
Gli insegnanti riprendono l'arte della scuola e sono presenti in molti libri fantasy, come Il nome del ventoHarry Potter, e la scuola deve riflettere l'atmosfera del libro. In più, la Chiesa Rossa è anche un società segreta e quindi c'è la difficoltà di tutelare chi insegna, perché le competenze che insegnano possono ritorcersi contro gli insegnanti stessi, perciò ho introdotto le regole particolari, come quella di Fedeltà, di Lealtà. 
Per quanto riguarda le opinioni degli altri, in generali tutti hanno concordato che fosse una bella idea, non ci sono state critiche particolari. È un po' come Harry Potter, ma con l'elemento in più del pericolo, quindi in linea con l'atmosfera oscura del libro e mi piace molto che non tutti possano diventare Lame.   

“Quali influenze hanno contribuito a rendere il tuo stile di scrittura così originale e innovativo?”
William Gibson è uno scrittore a cui mi sono ispirato molto stilisticamente, è uno scrittore che usa frasi molto frammentate e a cui mi sono ispirato per il mio stile. Inoltre usa il ritmo della scrittura in modo molto intelligente, perché abbina il ritmo di scrittura al tipo di scena: se c'è una scena con molta azione allora usa frasi più brevi, mentre nelle scene drammatiche si sofferma sulle descrizioni e sui dettagli. È stato un'influenza grandissima per il mio lavoro e il primo scrittore che ho studiato a fondo per formarmi in quanto scrittore. 
Un'altra influenza per me è la musica, oltre che altri scrittori: quando scrivo ascolto sempre la musica, non con le parole perché mi distraggono, ma uso musiche che evochino quello che scrivo. uno dei miei musicisti preferiti è l'italiano Ludovico Einaudi e se stavo scrivendo un pezzo di azione ci abbinavo un certo pezzo musicale, ste stavo scrivendo un pezzo introspettivo cambiavo brano di conseguenza. Anche le colonne sonore dei film, quelle orchestrali: ad esempio quando ascolto la colonna sonora di Avengers so che starò scrivendo una scena movimentata, piena d'azione. 
Le band che ascolto sono un'altra influenza che mi serve, perché le parole di queste canzoni evocano idee che possono essermi utili per la scrittura. Ma non le ascolto mentre scrivo, solo mentre penso alla storia.

“La storia di Mia ha appassionato tantissimi lettori, anche quelli che leggono generi diversi, e credo sia stato per l'intrattenimento fuori dall'ordinario. Il fatto di aver creato un narratore che parla con il lettore è nata come cosa per appassionare lettori diversi?”
No, non era quello l'intento. Quando ho iniziato a scrivere il libro la voce del narratore era molto forte e ho dovuto ridurla. Mi piace comunque l'idea di un personaggio che racconta la storia, e che poi ne faccia parte. Qui le note per me sono fondamentali , perché le uso per costruire il mondo fantastico. Ci sono tre ragioni per cui sono importanti: innanzitutto perché fanno ridere il lettore anche nei momenti meno opportuni, come quelli di alta tensione in cui le note ti fanno ridere perché il momento è terribile. La seconda ragione è che tutti i lettori che leggevo da piccolo e che mi hanno ispirato, come Tolkien ad esempio, in cui l'autore passava molto tempo sul worldbuilding, dedicando pagine e pagine alle descrizioni, cosa che a me piace molto, ma so che non tutti i lettori apprezzano, perciò tramite le note a piè di pagina ho potuto nasconderlo un po', permettendo ai lettori non interessati di saltarle. In terzo luogo, le note danno anche degli indizi importanti, ovvero che il narratore è consapevole di star raccontando una storia, come se il libro stesso fosse consapevole di essere una storia, quindi ho cercato di raccontare la storia che volevo raccontare e non mi sono focalizzato sul cercare di accalappiare lettori diversi, e il narratore l'ho dovuto rivedere strada facendo, perché all'inizio era troppo intrusivo.    

“Tra le tue serie di maggiore successo ce ne sono alcune classiche e alcune scritte a quattro mani. Quali sono le peculiarità di questi due diversi modi di creare una storia? Quali sono state le difficoltà nel passare da una storia come Illuminae a una storia come Nevernight?”
Penso che la differenza principale è che Illuminae è stato scritto per giovani adulti e Nevernight per adulti. Si tratta di due tipi diversi di scrittura, e il fatto che Illuminae sia stato scritto con Amie Kaufman ha cambiato molto le cose, perché io tendo a essere più dark e pessimista rispetto a lei, quindi quella trilogia è il risultato dell'incontro tra questi due modi diversi di vedere il mondo, lein è molto ottimista rispetto a me. Inoltre, il pubblico è diverso: Illuminae è uno ya, mentre Nevernight no, quindi ci sono cose che non si possono scrivere in un libro per giovani adulti, anche se adesso questi limiti sono stati in parte superati, però il tono con cui si scrivere è diverso. Per i giovani adulti non bisogna oltrepassare determinate soglie, mentre con Nevernight sono davvero io che mi racconto, consapevole di poter usare un tono più dark, visto che scrivendo per un pubblico adulto, non devo pensare al tono o ai temi che sto esplorando. Non significa che negli ya non si possano affrontare certi argomenti, ma con Nevernight sono io senza filtri. 
Una volta quando stavo firmando le copie mi è capitato di vedere una bambina di 8 anni con in mano Nevernight, e mi sono spaventato e le ho chiesto dove fosse sua madre, ma in realtà lo stava solo tenendo per sua sorella.   


“Nella traduzione delle tue opere, ti interessi che determinati passaggi mantengano un certo pathos o che comunque trasmettano le tue intenzioni? Qualche fan ti ha mai fatto notare dei -lost in traslation-?
Sì, però bisogna fidarsi dei propri editori: quando viaggio chiedo sempre alle persone che magari hanno letto sia la versione originale che quella tradotta come fosse la traduzione, se ne erano contenti. Ho un gruppo di amici scrittori e ci confrontiamo anche su quali editori abbiano i traduttori migliori perché uno scrittore passa tantissimo tempo a scrivere, ore, giorni e settimane, i libri diventano come figli, e quindi dare i propri figli a uno sconosciuto per la pubblicazione in un'altra lingua è un po' difficile e preoccupante. Però alla fine bisogna fidarsi dei propri editori e scegliere persone a cui importi della storia tanto quanto lo scrittore, e quando ho conosciuto Marco (che è l'editor di Oscar Vault, parte di Mondadori) ho capito dopo cinque minuti che ci parlavo che era la persona giusta, perché aveva la passione giusta da mettere nel progetto, che capiva, e quindi sapevo già che sarebbe stata un'ottima scelta. 

“Come ti sei approcciato alla scrittura? Come hai capito di voler diventare uno scrittore?”
Il processo della scrittura è un processo a cui mi sono approcciato quando avevo circa 12 anni, iniziando a giocare a Dangeons & Dragons. E per chi non ci ha mai giocato è una specie di narrazione di gruppo, sei tu che dici al narratore cosa sta succedendo. Ho poi iniziato a lavorare nelle pubblicità, scrivendo i copioni per gli spot televisivi: in un certo senso raccontavo storie, anche se di 30 secondi, molto corte, però la struttura è la stessa del romanzo, con un inizio, un corpo e una fine, come se fosse un romanzo molto compresso. È stato un grande esercizio per me come scrittore, perché ho imparato a raccontare una storia in 30 secondi. Fatto questo, si è sicuramente in grado di farlo anche in 160.000 parole. Quando tornavo a casa, però, ero stanco per scrivere altro e a circa 35 anni ho iniziato a provare un'insoddisfazione nei confronti del mio lavoro perché stavo sprecando la mia energia creativa cercando di convincere i consumatori a comprare carta igienica o cereali per la colazione, quindi non ero molto soddisfatto, volevo qualcosa che fosse totalmente mio, un ruolo più importante di cui avere anche il controllo al 100%.   

“Visto che i diritti di diverse tue opere sono stati acquisiti per eventuali trasposizioni cinematografiche/televisive... quale personaggio credi che potrebbe rendere meglio sullo schermo? Quale credi sia, invece, il più difficile da trasporre?”
Sicuramente il personaggio più difficile sarebbe quello di  Aidan (da Illuminae) perché ha molti monologhi interni ed è un personaggio molto complesso, difficile da rappresentare perché ha moltissimi pensieri che dovrebbero essere poi esplicitati per lo schermo, sarebbe un passaggio un po' difficile. Il personaggio più interessante che non vedo l'ora di vedere è Mia, soprattutto per i suoi poteri legati alle tenebre e alle ombre, in particolare nel terzo volume quando c'è il verobuio. Stanno facendo delle prove con Piera Forde per la webserie che uscirà tra poco su Youtube e ho visto alcune anteprime e sono molto soddisfatto per l'effetto delle tenebre che non era semplice da rendere, e per Messer Cortese. Non vedo l'ora di vedere l'effetto finale. 

“Ci puoi anticipare qualcosa sulla tua prossima serie che uscirà l’anno prossimo?”
Certo! Sto scrivendo Empire of the Vampire che uscirà l'anno prossimo anche in Italia con Oscar Vault, in concomitanza con l'America: è un po' simile a Nevernight, un fantasy epico molto dark e si basa su un evento veramente accaduto nel 536 d.C., quando c'è stata probabilmente un'eruzione vulcanica che ha causato un esplosione di materia andata nell'atmosfera e che ha oscurato il sole per 8/9 mesi. Questo accadimenti ha causato la morte di raccolti, guerre e carestie. In questo mondo che sto creano i vampiri possono circolare liberamente: Gabriel è il tipico eroe, perché fa parte di un ordine religioso che dà caccia ai vampiri e il libro inizia nel momento in cui deve essere giustiziato perché ha ucciso l'imperatore dei vampiri ed è incaricato di raccontare la sua storia fino a quel momento. È un mix di ispirazioni tratte da Intervista col vampiro (Anne Rice) e Il nome del vento (Patrick Rothfuss). Non so se riuscirò a completarlo per il prossimo anno, ma ci proverò: dopo la tappa in Italia andrò a Praga e li mi chiuderò in casa per un mese a scriverlo. 
Sarà un libro illustrato e quindi ritroverete molte delle scene che leggerete anche nelle immagini. 


Avete letto qualcosa di interessante? Voi che domanda gli avreste fatto?

lunedì 23 settembre 2019

Recensione: Il Re Malvagio, di Holly Black

Ho ritrovato questa recensione tra le bozze dei post e mi sembra il caso di pubblicarla dato che il volume esce domani in italiano!
L'unica cosa che ho da dirvi è PREPARATEVI, perché il terzo volume non arriverà mai abbastanza in fretta.
Titolo: Il Re Malvagio (The Folk of Air #2)
Autore: Holly Black
Pagine: 276
Prezzo: 19€
Casa Editrice: Mondadori

Trama:
Per tenere al sicuro il fratello più piccolo, Jude è stata costretta a legare a sé Cardan, il re malvagio, mettendogli a disposizione, in cambio, il proprio potere, indispensabile per mantenere saldo il trono. 
Ma per la ragazza la convivenza con lui non è affatto semplice, visto che alla già difficile situazione della corte, dove le alleanze sono tutto tranne che stabili, si somma l’estrema imprevedibilità di Cardan. Quest’ultimo, infatti, incapace di liberarsi della fascinazione che prova per Jude, fa di tutto per umiliarla e comprometterne la credibilità. 
Inoltre, qualcuno di molto vicino alla ragazza sta per tradirla, minacciando la sua vita e quella di chiunque lei ami. 
Venuta a conoscenza del pericolo imminente, Jude, sempre in lotta coi suoi sentimenti per Cardan, si lancia alla ricerca del traditore…
Voto: 4/5


Sono sotto shock e penso che lo sarò ancora per quando questo libro uscirà in Italia e pubblicherò questa recensione. Ho finito il romanzo questa mattina e devo dire che propio non me lo aspettavo questo colpo di scena finale... o meglio, fino alla fine mi ero autoconvinta che non sarebbe stato possibile.

Ad ogni modo sono qui per parlavi del secondo volume della trilogia The Folk of Air che era iniziata con Il principe crudele. Proprio questo romanzo era stato la mia introduzione a Holly Black, un'autrice che non credevo potesse rientrare nelle mie corde in quanto la consideravo piuttosto oscura e devo dire che in realtà le fate non sono proprio la mia creatura preferita, ma le sto molto rivalutando e con loro anche l'autrice.

Se Il Principe Crudele mi aveva convinto, soprattutto sul finale quando le cose iniziavano veramente ad ingranare, a continuare la serie, The Wicked King mi ha lasciata a bocca aperta e in trepidante attesa dell'ultimo volume. Il libro si intitolerà The Queen of Nothing e non ci fa esattamente ben sperare.

Per una volta siamo trascinati direttamente nel mezzo della storia: niente più attese, niente world building da primo romanzo, niente andare piano per conoscere meglio i personaggi. Finalmente. Qui è tutta azione, o meglio piani malefici che preparano all'interazione tra le fate dell'Aria e, come potreste aver intuito dalla cover, quelle dell'Acqua, una nuova forza pronta ad acquisire potere.

Avevamo lasciato Jude e Cardan in una posizione abbastanza complessa che non sapevo veramente come potesse evolversi: Cardan, per un anno e un giorno, era diventato il re-marionetta nelle mani di Jude. Jude, allo stesso tempo, si era ritrovata più potere di quanto ne avesse mai avuto tra le mani, senza però poterlo dire a nessuno. Dopo 5 mesi la situazione sembra essere in stallo.

Jude, che fondamentalmente non aveva mai avuto grande potere (in genere avevano potere gli altri su di lei, un'umana in un covo di fate malvagie), ha preso gusto nella sua posizione di potere tanto che spesso si chiede se riuscirà a lasciarla. Questo è incredibilmente umano, mostra anche uno sviluppo del personaggio interessante in quanto si rivela non essere affatto perfetta come invece la sorella gemella Taryn pare voler sembrare (ma non essere).
Cardan allo stesso tempo si è lasciato andare, è semplicemente un pupazzetto nelle mani di Jude e non gli interessa regnare... o forse no.
L'attrazione tra i due, mista ad un odio reciproco, è sempre più presente con l'avanzare del romanzo ed evolve con i due protagonisti. Se sia più odio o amore non ve lo posso proprio dire, dovete leggerlo.

Mentre in The Cruel Prince - titolo originale - erano molto più predominanti personaggi come Madoc, il "padre" adottivo delle gemelle, Tayrn e Locke, questi sono un po' più marginali ma rimangono, a tratti, sempre delle figure chiave. E sempre meno affidabili.
Dire che la Black riesce a farteli odiare è un eufemismo, ma soprattutto mi colpisce come riescano ad apparire freddi tanto da non riuscire a capire come possano decidere di comportarsi. Tutte le fate dell'autrice sono così e ogni volta mi stupiscono.

Holly Black mi ha lasciata perplessa sul finale, che mi ha allo stesso tempo intrigata molto, perché era un plot twist che veramente non mi aspettavo e che non mi permette di anticipare nessuna mossa dei personaggi nel futuro terzo volume. L'unica cosa che ho imparato è che veramente non ci si può fidare di nessuno, né fata né umano.

You must be strong enough to strike and strike and strike again without tiring. The first lesson is to make yourself that strong.” 

lunedì 16 settembre 2019

I libri della Readathon #2 | Recensione: City of ghosts, di Victoria Schwab

Titolo: City of Ghosts
Autore: Victoria Schwab
Pagine: 285
Prezzo: 7.99£
Casa Editrice: Scholastic
Sarà edito in Italia a partire dal 2020 grazie a Oscar Vault!

Trama: [Traduzione mia]
I genitori di Cassidy Blake sono gli Inspecters, un team (abbastanza incapace) di cacciatori di fantasmi. Ma Cassidy può VERAMENTE vedere i fantasmi. Il suo migliore amico, Jacob, è infatti uno di loro.
Quando gli Inspecters approdano nella super infestata Edimburgo, Scozia, per la loro nuova serie televisiva, Cass - e Jacob - li seguono. In Scozia, Cass è circondata da fantasmi, non tutti amichevoli. Poi incontra Lara, un'altra ragazza che riesce a vedere i morti. Ma Lara svela a Cassidy che, in quanto persone capaci di stare a metà tra i due mondi, il loro compito è quello di mandare i fantasmi oltre il velo in maniera permanente. Cass non è convinta di questa sua nuova missione, ma sa che la spaventosa Corvo Rosso che infesta la città non appartiene al suo mondo. I poteri di Cassidy la lanceranno in una battaglia epica, tra il mondo dei vivi e dei morti, per salvare se stessa.

Voto: 3.5/5



Come riconoscere il target a cui Victoria si sta rivolgendo? Bene, basta semplicemente guardare con che nome è stato pubblicato il romanzo. V. E. Schwab è per i suoi libri "Adult", mentre Victoria per quelli YA o middle grade. Detto questo, vi assicuro che City of ghosts può essere letto da tutti senza alcun tipo di problema. Vi dirò di più, penso proprio che potrebbe piacere sia a grandi che a più piccini.

Essenzialmente si tratta di una storia di fantasmi. In realtà ha la potenzialità di andare più in là di qualche storia spaventosa. 
Cassidy è la nostra protagonista e Jacob è il suo migliore amico. Peccato che Jacob sia un fantasma. Peccato anche che i fantasmi che i due stanno per incontrare, in un tour delle città più infestate del mondo, non siano amichevoli come Jacob.

Leggendo il romanzo, anche questo durante la readathon, non sono riuscita a staccarmi dalla pagine e non solo perché volevo leggerlo prima della fine delle 24 ore. Nonostante sia un middle grade, e lo si capisce benissimo se non altro almeno dal font con cui hanno deciso di pubblicarlo, non ho mai sentito la mancanza di quella profondità, di quella morale, che caratterizza di solito i suoi libri. L'ho percepito veramente come un libro che piacerebbe a tutti, con quell'atmosfera fatta di nebbia e fantasmi che la sera tardi fa comunque venire un brividino, a qualsiasi età (o se si è appena appena fifoni come me).

Lo stile della Schwab non si discute, riesce a rendere tutto interessante e fa voltare le pagine in fretta. In più c'è da dire che l'ambientazione scozzese non ha potuto che aiutare: è una vita che vorrei visitare la città ma non ho ancora avuto l'occasione. C'è stata una mia amica da poco e avrei voluto mandarla a fare un tour di tutti i posti del libro.

Attendo con ansia il primo ordine su Amazon e il momento in cui potrò acquistare la prossima avventura di Cassidy e Jake a Parigi (è uscito in inglese i 3 settembre!), perché di gatte da pelare ne hanno diverse dopo quel finale. Poi, mi sbaglierò, ma sono abbastanza convinta che alla fine della trilogia verserò qualche lacrimuccia.

Un piede dalla parte dei vivi, e uno con i morti

lunedì 9 settembre 2019

I libri della Readathon #1 | Recensione: Landline, di Rainbow Rowell

Come (forse) sapete da diversi anni io ho una squad di amici blogger e amanti dei libri. È un gruppo fatto di eventi, firmacopie e sopratutto di sushi... e una volta all'anno, negli ultimi tre anni, abbiamo una readathon. Si tiene di solito in agosto e ogni anno partecipano sempre più persone, il che mi rende molto felice. Ci trovate, tra l'altro, su IG a @bs.squadreadathon.
Quest'anno ho completato una graphic novel e due libri e volevo giusto parlarvene.

Titolo: Ti chiamo sul fisso
Autore: Rainbow Rowell
Pagine: 352
Prezzo: 18, 50€
Casa Editrice: Piemme

Trama:
Se ti capitasse una seconda possibilità in amore, faresti di nuovo la stessa scelta? Se si parla di macchine del tempo, un semplice telefono non sembrerebbe il modo più sofisticato di viaggiare nel passato... Eppure quando Georgie, madre di due bambini e autrice televisiva perennemente sotto stress, mette piede nella casa della sua infanzia, e in un momento di nostalgia alza la cornetta del vecchio telefono fisso - un vero reperto archeologico -, improvvisamente è trasportata a quindici anni prima. Non nel senso che può vedere il suo passato. Ma nel senso che può telefonargli. Sperando che il passato risponda. Sperando che Neal, quello che oggi è suo marito e allora stava per diventare il suo fidanzato, risponda... Perché se c'è una cosa che Georgie cambierebbe della sua vita è il modo in cui il suo matrimonio si è pian piano spento, fino a ridursi a quello che è oggi. Forse parlando al telefono con il Neal di ieri potrà rimediare a cose che oggi sembrano irrimediabili. Forse quello stupido telefono, così antiquato da essere ancora attaccato a un filo, può davvero darle una mano...

Voto: 4/5

Ho finalmente recuperato l'ultimo libro che mi mancava di Rainbow (sì, non ho mai finito Carry On, ma tutti gli altri li ho letti giuro). E che dire, la Rowell non si smentisce mai.

Uscito in Italia qualche anno fa col titolo di Ti chiamo sul fisso, tratta della storia di Georgie e Neal, una coppia in crisi. Se come me eravate un po' frenati dal fatto che di solito la Rowell scrive YA e invece questo è etichettato più come romanzo di adulti in realtà non dovete temere: il telefono magico che Georgie trova nella sua stanza non solo le permette di parlare con un Neal al college ma l'intero romanzo è intervallato da flashback sulla loro relazione e sulla vita di Georgie un po' in generale.

Quello che mi ha colpito in realtà è stato che, come mi hanno fatto notare, di solito nei libri della Rowell non succede molto. O meglio, lasciatemi spiegare. Ho parlato con un paio di persone che non sono mai rimaste impressionate (o folgorate, come me) dalle sue storie per il semplice fatto che sono molto spesso romanzi che non vanno da nessuna parte nel senso di misteri da risolvere o grandi plot twist. Si limitano a parlare di vite di persone e di problemi di persone e di relazioni tra persone. Che è già un ottimo, e vasto, bacino da cui attingere. Ma in effetti non c'è mai qualche grande segreto svelato alla fine, qualcosa che ti tiene col fiato sospeso. Qui un pochino sì. Per cui se qualcuno di voi ha avuto lo stesso problema con le sue storie, magari questo potrebbe piacervi più di altri. Tentate, non si sa mai.

In più devo dire che sia Neal che Georgie non sono personaggi che di per sè mi sarebbero potuti piacere. D'altronde sono loro stessi, i loro caratteri e le loro priorità che li portano ad avere problemi quindi perfetti non potevano di certo essere. Qui però funzionano. Il modo in cui la storia è strutturata, nel periodo natalizio tra l'altro, rende tutto molto interessante e secondo me si riescono anche a capire determinate decisioni e comportamenti.

L'escamotage del telefono che chiama il passato è veramente molto interessante secondo me e aggiunge quell'elemento di realismo magico che ogni tanto mi piace leggere. Di solito preferisco il mondo magico con tutte le regole e il perché le cose funzionano così, non mi piace restare all'oscuro, ma qui è un elemento talmente piccolo, benché fondamentale, che non mi ha dato troppo fastidio. Il telefono chiamava nel passato perché doveva essere così e basta.

Ora non mi resta che attendere il prossimo romanzo da divorare: Rainbow ha appena pubblicato Wayward Son, il seguito di Carry On, e anche la graphic novel Pumpkinheads (su cui non vedo l'ora di mettere le mani), ma io ho bisogno di qualcosa come Fangirl o il seguito di Eleanor&Park, che ha più volte detto che potrebbe scrivere e poi non ha mai scritto. Io aspetto. Da qui non mi muovo.

Non sapevo cosa mi mancava prima di incontrarti

venerdì 19 luglio 2019

Recensione: L'Accademia del Bene e del Male - Prima che sia troppo tardi, di Soman Chainani

Titolo: L'Accademia del bene e del male - Prima che sia troppo tardi
Autore: Soman Chainani
Pagine: 600
Prezzo: 19,00€
Casa Editrice: Mondadori

Trama:
Rhian, falso sovrano, si è impadronito del trono di Camelot e ha condannato a morte il legittimo re, Tedros. Agatha, la sua regina, sfugge per un pelo allo stesso destino, invece Sophie cade nella trappola dell'usurpatore. Il suo matrimonio con Rhian è imminente, e lei si trova coinvolta in un gioco molto pericoloso, nel quale le vite dei due amici sono sempre più a rischio.
Come se non bastasse, re Rhian ha in mente terribili progetti anche per Camelot. Mentre il passato torna a ossessionare il presente, segreti rimasti a lungo sepolti vengono riportati alla luce e si risvegliano i vecchi nemici. L'avversario più temibile, tuttavia, è il tempo. Gli studenti dell'Accademia del Bene e del Male devono trovare un modo per riportare subito Tedros sul trono, prima che le loro storie - e il futuro della Foresta Infinita - vengano riscritti per sempre.

Voto: 4/5


Sapete che se c'è una serie Middle Grade (ma neanche troppo alla fine) a cui davvero non so resistere è quella dell'Accademia (sì, Accademia, perché scrivere "Accademia del bene e del male" tutte le volte viene troppo lungo).

Vi dico due cose in generale sulla serie, senza spoiler, e poi passiamo a qualche dettaglio in più (non saranno spoiler su questo libro, assolutamente, ma qualcosa magari sui libri precedenti potrebbe scapparmi). Non vedo come questa serie non possa piacere anche a chi, come me, in genere non ama i middle grade di "avventura", perché essenzialmente non sempre mi trovo a connettere coi personaggi. Capita a volte che, però, una serie di coincidenze mi attirino troppo per non darle una chance. Qui avevamo principesse e streghe, principi, un'accademia e delle favole, il che suona proprio alla mia portata e magari anche alla vostra.

Non solo, c'è anche da dire che l'Accademia e i suoi personaggi sono estremamente inclusivi a livello di etnie, il che fa sempre piacere riscontrare nei libri, ma anche a livello di diversità. Si scende un po' nella diversità legata al fantasy, che quindi maschera il vero messaggio forse, ma penso che al lettore attento arrivi comunque forte e chiaro. 

In più la storia è veramente divertente. In questa eterna lotta tra il bene e il male l'umorismo non manca mai e il comic relief è sempre presente. Ogni volta che leggo un nuovo volume lo faccio proprio col sorriso sulla faccia per l'assurdità di alcune situazioni in questo mondo magico, o le preoccupazioni di personaggi (come quello di Sophie, estremamente drammatica) o ancora per qualche battuta. 

Parlando invece del volume in sé cercherò di essere breve per non rovinare nulla ma attenzione agli spoiler sul volume precedente, Un mondo senza eroi
Ci eravamo lasciati con una situazione altro che drammatica: a Tedros, che nei primi mesi di reggenza a Camelot si era dimostrato tutt'altro che capace di regnare (ogni cosa pareva andargli storta), è stato soffiato il regno da un misterioso Leone, Rhian, che per il periodo precedente in realtà si era sempre professato sua amico e fedele servitore. I personaggi erano ormai separati: tra Agatha e Tedros le cose non funzionavano a causa delle tensioni su Camelot, e in più Sophie si era messa insieme a Rhian stesso, il che l'ha messa non solo in una posizione scomoda ora che il volta faccia era stato svelato ma anche in pericolo.

Ecco, Prima che sia troppo tardi è veramente il titolo azzeccato perché qui i nostro protagonisti e i loro amici rischiano veramente di perdere ogni singola cosa, e anche la vita. Durante questo volume saranno costretti, benché divisi, a salvarsi gli uni con gli altri nella speranza di riportare Camelot a Tedros e anche di sconfiggere il Leone. Ma come?
Posso solo dirvi che ci sono dei piani piuttosto ingegnosi che vengono messi in atto e qualche colpo di scena che non vi farà sicuramente annoiare.

Se non avete ancora letto questa serie io posso dire che almeno la prima trilogia merita di essere letta. So che alcuni non apprezzano le storie troppo lunghe ma secondo me una volta letto di questi personaggi stravaganti non si può fare a meno di continuarla! Provateci.

venerdì 7 giugno 2019

Procrastinare?! Io? Mai!

Ehilà! So che è tantissimo che non scrivo qui sopra ma si stanno avvicinando gli esami, quelli della magistrale, e non so bene come andranno. Incrociate le dita e io le incrocerò per voi, qualsiasi cosa dobbiate affrontare durante questa estate (finalmente giunta!)

Ora, so che di solito le cose da leggere nel periodo degli esami sono post come "Come essere più produttivi!", "Procrastinare? Mai più!" ma diciamocelo... ogni tanto lo faremo sempre. Procrastinatori si nasce. Che poi, a dire la verità, ogni tanto una pausa dobbiamo prendercela tutta e quindi sono qui per dirvi cosa faccio io quando faccio le mie piccole pause tra un argomento e l'altro.

La mia droga sono i video su youtube. Sì. Già. Sono colpevole. Ma se di canali con persone fisse ne seguo veramente pochi, durante gli esami accadono tre cose circa e ora ve le narrerò. 

I canali che guardo veramente con costanza sono due: Carrie Hope Fletcher, con i suoi video dedicati soprattutto al mondo dei musical (ora capite perché) e non solo è una persona molto positiva ma canta anche molto bene e quindi.... e la seconda è Tati Westbrooke, una delle due parti dell'ultimo grande drama di youtube in cui adesso non entriamo. Sappiate solo che la seguo da due annetti e quando prima pubblicava tutti i giorni da lunedì a venerdì era il mio momento di destress quotidiano da qualsiasi cosa. Ora pubblica tre video alla settimana, ma va bene comunque perché anche se non compro niente di quello che dice mi rilassa tantissimo. È un po' la mamma di youtube, non perché sia vecchia, ma proprio per l'atteggiamento che ha nei video.

Ma veniamo al procrastinare vero e proprio, quello che esce solo durante gli esami.

1. Video di cucina

In particolare David Seymour che prova a cucinare tutte quelle cose che sembrano strabuone (o a tratti rivoltanti) che si vedono su Tasty e con un po' di umorismo ci fa vedere quello che probabilmente succederebbe anche a noi se cercassimo di seguire quelle ricette. Lui è particolarmente sfortunato a tratti ma compensa per la sincerità. Non parliamo però delle cosiddette ricette italiane perché quelle non si possono neanche considerare a volte.





2. Video di case a NY

Ebbene sì. Tra casa mia, in cui vivo con i miei, e la casa a Venezia che era già arredata non avrei mai motivo di guardare a tante cose che riguardano l'interior design di vario tipo, eppure lo faccio. I video spesso sono brevi, a volte anche solo 3 minuti, e anche se ne guardo più di uno mi sento meno in colpa. Refinery29 ha una serie di video che si intitola "Sweet Digs" e ti indica il prezzo che una certa persona paga il determinato appartamento/casa e te la mostra, sia con una pianta sia con filmati della casa stessa. I padroni spiegano come hanno deciso di arredarla e perché. Sarà il mio desiderio di visitare New York a parlare?


3. Video di case minuscole

C'è una canale che si chiama Big Living in a Tiny House, e questo ragazzo va in giro per il mondo a visitare case mini o case particolari (una fatta da container, una casa sull'albero...) per vedere come sono state costruite e organizzate. Al contrario di prima io non ho alcun desiderio di trasferirmi in una casa minuscola (ho troppi libri) o su ruote, ma trovo molto interessante vedere come i padroni hanno deciso di ottimizzare il poco spazio. Quelle moderne sono le mie preferite, non posso negarlo. D'altra parte però la scelta ambientale di vivere in una casa così piccina la rispetto e la ammiro, anche se io non potrei mai farlo.



Magari sono arrivata tardi e conoscevate già tutta questa gente, ma magari vi ho anche dato qualcosa di interessante da guardare (non necessariamente procrastinando, ma quando non avete veramente niente da fare oppure vi serve l'ispirazione).

mercoledì 8 maggio 2019

Recensione: The Winner's Trilogy

SPOILER FREE <3

Titolo: The Winner's Curse
Autore: Marie Rutkoski
Pagine: 246
Prezzo: 14,90€
Casa Editrice: Leggereditore
Trama: 
In quanto figlia di un potente generale di un vasto impero che riduce i schiavitù i popoli conquistati, la diciassettenne Kestrel ha sempre goduto di una vita privilegiata. Ma adesso si trova davanti a una scelta difficile: arruolarsi nell’esercito oppure sposarsi. La ragazza, però, ha ben altre intenzioni... Nel giovane Arin, uno schiavo in vendita all’asta, Kestrel ha trovato uno spirito gentile e a lei affine. Gli occhi di lui, che sembrano sfidare tutto e tutti, l’hanno spinta a seguire il proprio istinto e comprarlo senza pensare alle possibili conseguenze. E così, inaspettatamente, Kestrel si ritrova a dover nascondere l’amore che inizia a sentire per Arin, un sentimento che si intensifica giorno dopo giorno. Ma la ragazza non sa che anche il giovane schiavo nasconde un segreto e che per stare insieme i due amanti dovranno accettare di tradire la loro gente o altrimenti tradire sé stessi per rimanere fedeli al proprio popolo. Kestrel imparerà velocemente che il prezzo da pagare per l’uomo che ama è molto più alto di quello che avrebbe mai potuto immaginare…

Voto: 4/5

Rimango sempre un po' impressionata quando il primo libro di una serie mi prende, ho gli altri sotto mano e nel giro di cinque giorni ho finito tutto e sono la persona più felice/triste del mondo. In questo caso siamo anche fortunati perché Leggereditore ha portato il primo volume in Italia, cosa che con questo tipo di serie non succede spesso. E proprio oggi esce il secondo!

Mi trovo anche in difficoltà a descriverla, perché inizialmente la mia mente pensava "fantasy" (Fantasy, CED: a story or type of literature that describes situations that are very different from real life, usually involving magic) ma in realtà non c'è neanche un briciolo di magia, neanche quella un po' fasulla di qualche vecchia per la strada, e invece una grande quantità di intrighi politici in una società del passato ma che in realtà non è mai esistita. Diciamo che è historical fiction, ma oltre che alla storia sono proprio inventati tutti i sistemi di governo e i popoli.

L'unica cosa che avevo trovato mancasse un po' nel primo volume era l'introspezione nel personaggio di Arin, che rimaneva sempre un po' in disparte e che non riuscivo bene ad inquadrare. La situazione migliora notevolmente nei due volumi successivi con l'introduzione di un Pov che segue Arin stesso e i suoi pensieri più da vicino, aiutandoci a capirlo meglio e urlargli contro quando nel secondo volume sta pensando la cosa che tutti sappiamo essere giusta e scartarla perché la ritiene sbagliata. Mannaggia a lui.

Ma tutto il resto che riguarda questa serie è veramente spettacolare:

1. I colpi di scena sono veri colpi di scena, non di quelli che vedi arrivare all'inizio del volume stesso. Io non riuscivo a prevederne neanche uno (specialmente il destino di Kestrel alla fine del secondo).
2. Soprattutto i primi due volumi si leggono veramente in fretta. Il secondo, che esce oggi per Leggereditore, ed è anche il mio preferito l'ho letto tra un viaggio di italo e una serata lettura a Venezia. Non riuscivo a staccarmici.
3. La storia d'amore è diversa da tutte le altre. Perché di Romeo e Giulietta ne abbiamo visti mille, ma quando sono i protagonisti stessi che si impediscono di amarsi e fidarsi a vicenda perché appartengono a classi sociali, e paesi, diversi, è tutto molto più coinvolgente.
4. Ma soprattutto, la storia d'amore non è tutto. Anzi, a volte la parte politica prende proprio piede e non riuscivo a togliermi dalla testa ogni singolo schema, menzogna e piano che i personaggi stavano pensando o mettendo in atto.

Ahhhh! Non ho quasi più parole. Insomma, leggetela e supportate questa uscita italiana con la speranza che venga tradotto anche il terzo volume perché veramente merita.
Per citare la recensione di V. E. Schwab so Goodreads: "Flawless". Aveva decisamente ragione.

People in brightly lit places cannot see in the dark
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